Bobby Soul

plays that funky music

16 Dicembre – Belin che articolo!!

Bobby Soul e Alessio Caorsi, il duo acustico: anche questa è movida

Nicola Damassino su EraSuperba

Che successo per la “ghetto music” made in Zena! A fine serata il pubblico è in autentico visibilio. Non si vuole tornare a casa e, soprattutto, non si vuole lasciare andare via i due musicisti. Si susseguono i bis e se ne perde il conto, tra gli applausi unanimi

15 dicembre 2013 CULTURA > NOTIZIE > PRIMO PIANO

Bobby Soul Alessio CaorsiBobby Soul, all’anagrafe Alberto De Benedetti, non è un nome che suonerà nuovo a chi il panorama musicale genovese lo conosce e lo frequenta da anni. Con alle spalle oltre un ventennio di musica, Bobby Soul si contraddistingue per un’attività instancabile, che non si limita alle apparizioni dal vivo, ma comprende anche attività teatrale (in collaborazione con il Teatro Garage di Genova). Non solo: definire versatile un musicista come lui sarebbe riduttivo. La sua tentacolare vivacità musicale ha condotto la sua ricerca verso rotte non così trafficate, con risultati sorprendenti. Black music, funk, elettronica, blues, country, il tutto magnificamente amalgamato da una voce poliedrica e inevitabilmente soul.

Dal dj set al gruppo tradizionale, il genovese ha dato vita a progetti musicali importanti: dalla musica etnica dei Sensasciou, “gruppo che ha contaminato ritmi giamaicani e afro-americani con la tradizione popolare genovese”, alla scena indipendente con le Voci Atroci, “gruppo a cappella dalle vertiginose e bizzarre performance vocali guidato dall’attore musicista Andrea Ceccon”, alla consacrazione internazionale dei Blindosbarra, “probabilmente la più importante formazione funk italiana” (prodotti da Ben Young dei Massive Attack). E ancora Contesti Scomodi, Les Gastones, Mellow Yellow, Soltantosoul, Funk-in-Italia, a dimostrazione di quanto vorace sia la sua l’esigenza di fare musica.

Difficile, con un curriculum del genere, rinunciare a un’esibizione acustica dei BlindBonobos, al Kitchen di Genova, nel cuore del centro storico e della movida del sabato sera, ingresso libero. Capitiamo quasi per caso davanti alla locandina, e subito decidiamo di entrare. Il Kitchen accoglie come pochi locali sanno fare, offrendo un ambiente squisitamente arredato e un’illuminazione perfetta. Il piccolo palco nell’angolo della sala principale sembra fatto su misura per l’esibizione: voce e chitarra, Bobby Soul e Alessio Caorsi.

Boccale di birra e si parte con la potenza di un duo che non ha nulla da invidiare a una band. La chitarra di Caorsi è proteiforme: uno strumento che esaurisce l’intera sezione strumentale; e il polso del chitarrista è esaltante: riesce a far venire voglia di ballare, restituendo alla ruvidezza delle corde un groove caldo. Bobby Soul, invece, suona il microfono. La sua intesa con il chitarrismo sostenuto del suo socio è alchemica, dà profondità al suono e si impone con un lirismo nero che emerge dai polmoni e si infrange nella gola.

La voce sanguigna di Bobby Soul sfugge alla rarefazione stilistica, impone il sangue e il sudore alle note, declina i testi come urgenze emozionali, scopre il nocciolo del reattore lasciando emergere tutta la sua energia senza censure e dunque, inevitabilmente, scuote e coinvolge. Il suo piede scandisce il ritmo di ogni pezzo, sbattendo il tallone su un cajon amplificato. La serata procede con pezzi come Hurt (Nine Inch Nails, Johnny Cash), Personal Jesus (Depeche Mode) e Seed 2.0 (The Roots), ma anche inediti dell’ultimo album, il ventesimo della sua carriera.

A fine serata il pubblico è in autentico visibilio. Non si vuole tornare a casa e, soprattutto, non si vuole lasciare andare via i due musicisti. Si susseguono i bis e se ne perde il conto, tra gli applausi unanimi.

A fine serata scambiamo due chiacchiere con Bobby Soul e da tutto questo eclettismo, scopriamo che la vera ispirazione della sua musica rimane «la psichedelia, da Jimi Hendrix ai Pink Floyd, fondendone le sonorità alle sincopi del funk». Una sorpresa che fa da preludio alla sua impressione, tutt’altro che scoraggiante, sul panorama musicale genovese «promettente e vivace come pochi altri sul territorio nazionale, che si riflette in un’attività live genuina, nei locali, a stretto contatto con la gente, e non distaccata come un’esibizione da stadio, dove la musica può esprimersi ed entrare nell’anima del pubblico». Un palcoscenico perfettamente coerente con la natura della black music, musica di strada, quella “ghetto music” che a Genova trova terreno fertile per esprimersi.

Nicola Damassino